I Kleinkief sono un gruppo veneto nato intorno alla metà degli anni novanta, che da subito, dal loro primo disco “Il sesso degli angeli” si fa conoscere nell’underground veneto per lo studio e la ricerca di nuovi suoni e testi personali. L’ambizione e l’amore per l’arte è già scritto nel loro nome che è l’unione di ‘Klein’ (dal romanzo “Klein e Wagner” di Herman Hesse) e di ‘Kief’ (che vuol dire pace dei sensi ed è tratto da un racconto di Baudelaire).
Spariti poi per undici anni, sono ritornati prepotentemente a giugno 2013 con un importante disco pop ”Gli infranti” e a marzo 2016 hanno pubblicato per La Dischi Soviet Studio e Shyrec il loro quinto album “Fukushima”, un lavoro colto e ambizioso difficilmente etichettabile in un genere musicale specifico. In circa 45 minuti di musica e “solo” sei tracce, originalità e sperimentazione vanno a braccetto unendo noise, psichedelia e arrangiamenti progressive e rendendo l’album uno degli ascolti più interessanti di questo primo scorcio del 2016.
Ma andiamo con ordine: la prima canzone “Grattacieli” è una suite in tre tempi. Ciascuna parte ci proietta in un sogno, o forse meglio un incubo, una sorta di visione che un po’ ci culla, un po’ ci turba e spaventa; se la musica ci trascina e ci travolge fino alla fine del pezzo è merito sicuramente anche della voce, a tratti solo sussurrata, e del testo che inizia così:
” Vampiri che si dannano l’anima aggrappati all’idea che le arterie fioriscano in campi di grano annaffiati con il sangue le risse tra i popoli barbari e labirinti che si spappolano”.
La seconda traccia “Mr. Fulcanelli”, si apre in una forma più classica di canzone per poi esplodere su un finale in cui c’è tanto rumore e psichedelia. “Il regno” potrebbe essere una delle canzoni più belle canzone dei Baustelle, per quanto è ricca di suoni ricercati, un po’ barocca forse, con una travolgente coda psichedelica. È poi il momento di “Capogiro Inspirato”, un delirio senza quiete, quasi un vaneggiamento musicale e vocale cui segue “I dannati” in cui il registro cambia nuovamente. Qui è un alternarsi di rumori, gorgheggi, urla. “Fukushima“, la title track, chiude il tutto in maniera ambiziosa; qui il testo manca, la musica delirante e onirica si trascina per quasi 15 minuti tra campanelli, fluttuazioni, silenzi, esplosioni che ci ricordano proprio quelle violente che accaddero a Fukushima.
Questo disco, sicuramente non facile e immediato, merita un ascolto attento se non altro perché osa, sperimenta, va oltre nei suoni e nei testi, com’è chiaro in quella piccola gemma dell’universo musicale che è “Grattacieli”.