Ho incontrato tre volte Emanuele Lapiana nella mia quarantennale esistenza, anche se lui, verosimilmente, è a conoscenza solo dell’ultima, quella, digitale e solo in apparenza impersonale, di pochi giorni fa.
Ogni volta è stato emozionante ed emozionalmente diverso: la prima volta è stata scoperta e sorpresa, la seconda il ritrovarsi e riperdersi, l’ultima il riabbracciare il vecchio compagno di cui hai sentito la mancanza.
Questo, che forse qualcuno potrebbe vedere come un film, è il racconto di tutti questi incontri, di quello che ci siamo detti e di una ragionevole speranza per il futuro.
La Prima Volta
La prima volta che l’ho incontrato avevo 24 anni, ero vicino alla laurea ed ebbro di quella che, a ragion veduta, è stata considerata una delle epoche d’oro del rock italiano, un’epoca in cui internet sembrava nulla più che una grande idea.
Era un’epoca in cui bastava accendere la tv e fare un giro tra i vari canali per trovare programmi interamente dedicati alla musica o treni di videoclip uno più figo dell’altro.
Fu proprio così che un pomeriggio di un giorno da cani, uno dei tanti di quel periodo, questo videoclip comparve sullo schermo della tv del salotto di casa dei miei, e la mia strada e quella dei C|O|D di Emanuele Lapiana si incrociarono per la prima volta.
- Era l’autunno del 1999 quando un videoclip di una giovane band di Trento, girato in una libreria, con dei ragazzi intenti a sfogliare libri di anatomia, compare sugli schermi di TMC2. Ammetto di aver comprato quel CD, “La Velocità Della Luce”, dopo esser rimasto folgorato dal video e dalla canzone ma anche per un altro motivo: la presenza di Rei Ayanami, il personaggio più iconico di Shinseiki Evangelion, all’epoca anime relativamente poco conosciuto al di fuori della cerchia degli appassionati, ma clamorosamente famoso in tutto il mondo. Nonostante Rei sia un personaggio potentissimo ho sempre visto questo disco più vicino alla figura di Shinji hikari, in particolare ai “soffitti sconosciuti” a cui fa cenno poco dopo l’inizio della serie, Come mai questa scelta?Mi sono subito riconosciuto in Shinji. E credo possa ben rappresentare un certo tipo di postadolescente di quell’epoca, me compreso… Ma a me piaceva anche Rei. Non solo esteticamente. Anche il suo personaggio così distaccato, algido. Che lascia immaginare mondi e spazi immensi… lo ho sempre trovato molto interessante. Poi esteticamente mi pareva fortissimo. E infatti tu hai comperato il disco allora!! 😀
- “La Velocità della Luce” è un disco viscerale, che sembra seguire il solco di quell’ipersensibilismo che ha caratterizzato alcuni tra i più grandi cantori del rock italiano degli anni 90, come gli Scisma, (correggimi se sbaglio) anche per un uso incredibilmente efficace delle parole. “Nevicadere” è un neologismo da Accademia della Crusca,ad esempio. Hai sempre avuto una grande attenzione per i tuoi testi, tanto che sembra sempre che tu scriva con l’istinto di raccontare e che sia questo il motore principale della tua musica.E’ esattissimo. Ho poi sempre amato i neologismi e soprattutto l’utilizzo di parole ed espressioni fuori contesto. Assumono una potenza ed un’ intensità completamente differenti. (Come la strategia della tensione de Le Balene, per esempio…)
- “Michelle#6” è una delle canzoni della mia vita, una di quelle che non mi stanco mia di ascoltare. Come è nata?Non amo particolarmente spiegare il significato di quello che scrivo, anche perché spesso faccio fatica anche io a capirlo, specialmente in certi pezzi. Sicuramente Michelle l’ho scritta dopo aver visto un documentario sulla vita di Basquiat.
Ma dirti esattamente di cosa parla mi è difficile
Arrivederci, e addio?
Dopo “La velocità della Luce” è arrivata la mia laurea e il lavoro, il nuovo millennio, l’Europa unita e la moneta unica, la scomparsa delle frontiere, la fine del mondo occidentale come lo avevamo sempre considerato, intoccabile e invincibile baluardo di presunta civiltà. Mi sono anche fidanzato in quegli anni e ho perso mio padre, conosciuto i miei migliori amici di oggi, cambiato macchina e, finanche, lottato contro i mulini a vento.
Probabilmente alcune di queste cose, non le stesse ovviamente, sono capitate anche ai C|O|D che, per alcuni lunghi anni sono praticamente scomparsi dalle scene, fino alla pubblicazione nel 2005 di “Preparativi Per La Fine”, poco, anzi per nulla amato dalla Virgin, allora etichetta discografica della band che ne aveva bloccato l’uscita, che infatti avvenne con anni di ritardo rispetto ai tempi per l’ormai defunta Fosbury.
- I C|O|D parlavano di me, giusto per citarti, e mi sono sempre chiesto perché, parlando di me, di quelli come me, non abbiano raggiunto una fetta più grande di pubblico. Cosa vi è mancato, se pensi che vi sia mancato qualcosa?Direi che tutto sommato ci sono mancate due cose principalmente: un po’ di fortuna ed un manager.La fortuna ci ha abbandonato nel momento in cui alcune cose sono andate storte, e poi Dennis si è ammalato… E’ tutto successo nello stesso momento e probabilmente un manager avrebbe saputo tenerci uniti e difenderci in quelle circostanze. Ad un certo punto ero stanco e frustrato, ed ho quindi deciso di mandare a quel paese tutto e tutti, e cominciare con una vita nuova.
- “La fine di qualcosa è l’inizio di qualcos’altro” e probabilmente hai ragione ma non sono mai riuscito a considerare “Preparativi Per La Fine” il testamento dei C|O|D ma piuttosto una dichiarazione di intenti del tipo: “questo è quello che noi siamo”. Hai ragione, è vero. Preparativi Per La Fine non era un testamento, almeno nelle intenzioni iniziali.
Ritrovarsi a quarant’anni
Negli ultimi 10 anni ne io ne Emanuele siamo rimasti con le mani in mano, abbiamo fatto un bel po’ di cose e tante abbiamo provato a farle. Il nostro terzo incontro, l’unico di cui lui abbia avuto mai contezza, è avvenuto perché Emanuele è tornato a suonare dal vivo con uno spettacolo chiamato, assai opportunamente, Il Dimenticato.Io.
- Il Dimenticato.io. Intendi dire che Emanuele si è perso e poi ritrovato? O semplicemente fa riferimento a una parte della tua vita musicale, quella a cavallo tra vecchio e nuovo secolo, che avevi allontanato?Accade che per i più svariati motivi abbiamo voglia di allontanarci da una parte della nostra vita. A me è accaduto con la musica dei c|o|d.
Ora mi sono riappacificato con quel periodo, e con quella zona dei miei ricordi, e quindi ho deciso di ricominciare a portarla con me.
Dimenticare non è per forza negativo. A volte fa bene. Aiuta a ricordare con maggior nitidezza in un secondo momento.
- Cantavi in “Lowrenzo” che “le idee non invecchiano, anche se gli uomini lo fanno eccome” e mi sembra che ancora oggi tu riesca a tener fede a queste parole, pensi che gli anni trascorsi siano serviti a rafforzarle o piuttosto, in qualche maniera, a modificarle? Quelle sono parole piuttosto scolpite nella mia vita. Non ho paura del futuro. Né del cambiamento. Gli ostacoli sono le parti del percorso più intriganti, quelle che ti costringono a migliorare e a reinventarti. Mi impressiona quanto il tempo passi veloce ed invecchiare non è bello per nessuno.
Ma la velocità della vita è direttamente proporzionale al grado di soddisfazione ed i miei ultimi 20 anni sono volati; credo sia un buon segno.
- Hai spesso collaborato con altri artisti negli ultimi anni, sia come ospite,ad esempio nel disco di Pacifico che come ospitante. Anche il 28 Aprile, in questo spettacolo, sei stato accompagnato da gente, come Daniele Groff, Anansi, Felix Lalù, i Bastard Sons of Dioniso e Johnny Mox, che stimi musicalmente e, mi sembra di poter dire, personalmente.
Ne “I Racconti Dell’Amore Malvagio”, il tuo secondo disco come N.A.N.O., il moniker che avevi scelto una volta terminata l’esperienza con i C|O|D, tra gli altri avevi collaborato con due artisti con i quali hai più di un punto in comune: Sara Mazo e Federico Fiumani.
Come nascono questi “incroci”?Li cerco sempre. Per me la musica è libertà e contaminazione. Per ora è stato semplicissimo. Ho la fortuna di godere della stima di diversi musicisti, ed è stato splendido vedere come tutti avessero voglia di sporcarsi e vedere che succedeva insieme a me. Per me è un po’ come quando sei bambino e chiedi ad un altro bimbo sconosciuto di giocare. Tra l’altro in quasi tutte le lingue del mondo la parola “suonare” e la parola “giocare” coincidono, e questo spiega molte cose a mio parere.
- A distanza di qualche giorno dall’esibizione volevo chiederti, molto semplicemente, come la racconteresti, dal tuo punto di vista.Un bel punto 0. Abbiamo suonato molto bene, e la gente ha reagito alla grande. Il teatro era praticamente pieno e noi sapevamo di avere preparato una bella scaletta. Ma prima di uscire dalla sala prove non puoi mai esserne certo. Dopo 30” è stato tutto chiaro. Dagli spalti sono arrivate un’energia ed un emozione pazzesche. Abbiamo risposto come una band della nostra esperienza ha il dovere di fare. Ci siamo divertiti moltissimo e gli ospiti sono stati strepitosi.
- Lo spettacolo del 28 Aprile non sarà una esperienza isolata dato che avete già confermato, tra le altre date, il concerto del 26 giugno assieme ai Tre Allegri Ragazzi Morti. Il nuovo percorso che hai intrapreso avrà altre tappe e porterà a qualcosa di “concreto” come un nuovo disco?Suoneremo in diverse situazioni, la prossima delle quali il 21 maggio, in occasione del Game Over del Velvet di Rimini. Siamo onoratissimi di essere stati invitati. Ci saranno grandi nomi e musicisti eccelsi. Ci sarà da divertirsi. In questo frangente suoniamo live alcuni brani inediti,cosa che non facciamo mai.. Nelle prossime settimane e durante l’estate registreremo varie cose. Poi se saranno degne le pubblicheremo.
- A tal proposito…quanto sei esigente con te stesso e con chi suona con te?Sono molto selettivo con le mie canzoni… Su 100 che ne scrivo ne faccio uscire due… Sembra tanto ma è proprio così. Quindi mediamente le canzoni che escono, escono perché mi piacciono e sono sopravvissute a molte scremature… sono mediamente molto esigente con me stesso e nelle persone che mi circondano cerco di stimolare l’autodisciplina e la fantasia… dovresti chiedere a loro se io sono più o meno esigente.
- Più di una volta nelle tue canzoni si trovano menzionati altri artisti, dai Marlene ai Baustelle, anche se per questi ultimi la cosa, se non ricordo male, fu oggetto di fraintendimento con i loro fan. In generale non ti fai problemi di dire apertamente ciò che ti piace e ciò che non ti piace, cosa poco comune in un paese fondamentalmente ipocrita come il nostro. Oggi, cosa ti piace?In Italia Cosmo e Colapesce. In generale preferisco chi cerca una propria strada. Adesso il copy and paste è ovunque. Non ne contesto la qualità, anzi credo che rispecchi molto la nostra epoca, e mi piacerebbe anche imparare a farlo bene… Ma le qualità che apprezzo maggiormente in un artista e più in generale nella musica sono senz’altro l’originalità e la non replicabilità prima di ogni altra cosa.
Ci lasciamo così, con uno sguardo sospeso tra il presente e il futuro, io ed Emanuele.
Se fossimo in un film probabilmente sarebbe una di quelle scene pre titoli di coda, con i due protagonisti che si salutano e divergono, scegliendo due direzioni diverse, una di quelle scene in cui uno dei due, che poi sarei io, si gira per chiedere all’altro qualcosa che ha sempre voluto chiedergli.
- Emanuele, “adoro il traffico che ho nella testa” è una delle mie frasi preferite, un vero grimaldello dell’anima, assolutamente perfetta ed emozionalmente dirompente. Adori ancora il traffico che hai nella testa?Sì, direi di si! Se possibile, specie ora che è in ulteriore aumento, sono ancora più affezionato al mio traffico
Magari lo dice sorridendo, Emanuele, di certo fa sorridere me, che, alla fine di questo ipotetico film, torno a casa, alla mia vita di tutti i giorni, mettendo su, in auto, quel cd con sopra Rei Ayanami, semplicemente per perdermi ancora una volta nel traffico della mia testa.