Neurosis- Fires Within Fire 2016 – Neurot Recordings
1.”Bending Light”
2.”A Shadow Memory”
3.”Fire Is The End Lesson”
4.”Broken Ground”
5.”Reach”
Pionieri dell’ Hard Core-Post Metal più oscuro, il sestetto di Oakland, che abbiamo imparato a conoscere fin dagli esordi nel 1987 con il nome di Neurosis, è formato da: Scott Kelly (chitarra, voce), Steve Von Till (chitarra, voce, filtri e texture), Dave Edwardson (basso, synth e suoni spaziali), Noah Landis (organo, piano, campioni e atmosfere) e Jason Roeder (batteria). Esce proprio in questi giorni per Neurot Recordings il loro dodicesimo lavoro in studio: Fires Within Fires.
Il nuovo lavoro è composto da cinque episodi e si muove, come tutta la variegata discografia della band, nelle atmosfere più tenebrose dell’ Hardcore, tra Sludge e Post Metal, tra Folk da apocalisse e riflessi di Dark industriale, creando un sound unico di cui il sestetto ha fatto un vero e proprio marchio di fabbrica.
Si comincia con “Bending Light” e il suo mastodontico riff d’ apertura; il ritmo è da subito trascinato e trasuda oscurità, la strofa è lugubre ed acida grazie ad un basso annegato nel Phaser, le chitarre sono crude e graffianti, layers spaziali dilatati risuonano esausti nell’ etere. L’ incedere è marziale fino ad una tenue apertura, un raggio flebile di luce che squarcia il buio, tra accordi eterei ed effetti panning e reverse, ma si tratta di un solo un attimo prima di tornare nell’ oblio del finale, dove il cantato sovrumano e purificatore è scandito dalle micidiali progressioni di basso e batteria e dagli enormi appoggi inesorabili della sei corde.
“A Shadow Memory” è un brano dall’ andamento mistico e templare nel quale la fonte di ispirazione dei sei californiani risulta lo spazio più oscuro della nostra anima. La canzone si evolve tra turbini di rumore bianco e atmosfere sotterranee, con una voce ruvidissima e implacabile come lo sono le linee di chitarra. Momenti di quiete quasi orientaleggianti si alternano a monumentali muri di suono e feedback in cui chitarre gigantesche barriscono come sassofoni preistorici.
Arriva poi “Fire Is The End Lesson” con il suo attacco roboante e i suoi splendidi riff armonizzati, notevoli vocals in modalità “botta e risposta” in puro stile HC. Il pezzo scorre potentissimo e trascinante come un fiume in piena, i licks di basso di “Sabbathiana” memoria riecheggiano come in una cattedrale, in una escalation intensa ed emotiva che espolde in un finale devastante.
“Broken Ground” nasce da riverberi di distorsioni lontane. Tra sintentizzatori ed E-Bow fa la sua comparsa una meravigliosa sezione ritmica, cadenzata ed elegante, lunare ed impetuosa; timbri vocali ed atmosfera ci riportano a certi momenti bucolici di Tom Waits, ma angoscia e dolore sono dietro l’angolo come ci anticipa il ringhio sommesso delle chitarre che ci esplode in faccia come una bomba di magma elettrico, luminoso come “un sole che non tramonta mai”. Un pianoforte risplende in lontananza ma è sormontato da tonnellate di watt e decibel fino a sparire.
L’album si chiude con la cupa e violenta “Reach”, episodio di catarsi finale al limite dello Psych-Western. Tra i samples che sfarfallano, emerge una linea melodica a due voci, perfetta e toccante. Il brano poi trascende ipnotico, rigoroso e commuovente in un finale terromotante.
Fires Whitin Fires risulta essere l’ennesima eccellente prova di una band che, anche dopo trent’anni, non sembra affatto perdere colpi, che anzi continua ad evolversi pur rimanendo se stessa, ampliando costantemente il proprio pubblico anche e soprattutto tra le nuove leve della musica “più o meno Heavy”.