Tracklist
- Love
- Il vangelo di Giovanni
- Amanda Lear
- Betty
- Eurofestival
- Basso e batteria
- La musica sinfonica
- Lepidoptera
- La vita
- Continental stomp
- L’era dell’acquario
- Ragazzina
“L’AMORE E LA VIOLENZA è forse il nostro disco più libero. In una intervista di qualche mese fa abbiamo detto che sarebbe stato un disco “oscenamente pop”.
Questo intendevamo: musica che non si vergogna di esibire la propria libertà. Si potrà dire che sia bello o brutto, riuscito o non riuscito, ma di sicuro questo disco, più che altri nostri precedenti lavori, osa nel mettere in collisione materiali e ispirazioni musicali di matrice diversa, nel mischiare alto e basso, sacro e profano.
Buon ascolto.
Francesco, Claudio, Rachele”
Forse la migliore recensione di L’Amore e la Violenza l’hanno data i Baustelle stessi, quindi mi sembra doveroso avvisarvi: ogni parola che seguirà sarà, probabilmente, superflua.
Detto ciò, non ho saputo resistere alla tentazione di scrivere qualcosa su questo disco, uscito in una mattinata in cui Trento si risveglia ricoperta del bianco di una timida nevicata.
Libertà, questo disco è impregnato di libertà, creativa e non solo, dalle note alle parole.
Bianconi, nella sua lettera di presentazione, dice che questo è un disco colorato, ma è un concetto, a mio avviso, riduttivo.
L’amore e la Violenza spazia fra la scala cromatica senza paura, danzando fra la sfumature, come la tavolozza di un impressionista che dipinge Parigi dalla Basilica del Sacro Cuore durante la Bell Époque.
I colori sono però impressionabili, memorizzabili, in un qualche modo concreti, invece questo disco è qualcosa di più di una splendida trama colorata.
L’amore e la Violenza è come una passeggiata in un giardino botanico, non ci sono solo i colori, ci sono soprattutto i profumi: meno percepibili dei colori, più sfuggenti.
Ascoltando questo disco ho iniziato a pensare a tutte le influenze (o citazioni, riferendosi al pensiero di Bianconi) che ha questo disco. Mi sono detto che ne Il Vangelo di Giovanni la tradizione musicale della band di Montepulciano si mescola con Battiato, mentre nell’intro de La Musica Sinfonica si possono perfino ritrovare degli arrangiamenti d’archi che ricordano Triangolo di Renato Zero, o addirittura che la ritmica di Amanda Lear ricorda quella di Sweet Dreams degli Eurythmics.
Senza guardare al passato si potrebbe anche pensare che questo lavoro sia in qualche modo imparentato con Reflektor degli Arcade Fire con un tocco di musiche da ballo liscio tanto amate dagli ascoltatori di Radio Sorriso.
Ma in realtà mi sono reso conto che tutti questi ragionamenti non hanno diritto di cittadinanza in questo album.
Le influenze appaiono e scompaiono, come i profumi in un giardino botanico, emergono e sfuggono come le espressioni dei passanti sconosciuti che incrociamo camminando per strada.
Questo disco non è ispirato da niente, non è un disco “a la qualcuno o qualcosa“, questo è un disco dei Baustelle.
Bianconi dice che tutti i compositori sono citazionisti quando sono liberi: mai frase fu più adatta. Questo disco non ha una direzione a cui si ispira, un’influenza univoca, è un unica e personale composizione, con le sue sfumature ed i suoi profumi. Dal momento che i fiori sono gli stessi usati da chi in passato ha composto, è normale che ci siano dei profumi familiari.
Non sono colori chiari e distinguibili ma sono profumi, che una folata di vento od una leggera pioggia possono portare via in un istante.
Non fate come me, non perdetevi a cercare da dove arrivano i profumi che sentite, non mettetevi a gareggiare su chi scopre più citazioni.
Di fronte ad un mazzo di fiori regalato vi mettereste a spulciare ogni singolo petalo? Infilereste il naso in ogni singolo fiore che lo compone? No, fareste un respiro a pieni polmoni per inebriarvi con tutti i profumi.
Fatelo, uscite di casa con le cuffie, camminate e godetevi l’unictà delle espressioni dei passanti sulle note de L’Amore e la Violenza e date un volto ad ogni nota, vi ritroverete a sorridere.
Nato sotto la stella dei Radiohead e di mani pulite in una provincia dove qualcuno sostiene di essere stato, in una vita passata, una motosega.