Tracklist
1. Zukunft
2.The Fire Sermon
3.Orpheus Rising
Deluge
5.Salting Traces
6.Cycles
7.Gathering Light
8.Koan
“Invocation And Ritual Dance Of My Demon Twin” è il nuovo album dei Julie’s Harcuit, band italiana psichedelica in attività dagli anni ‘90, al settimo lavoro in studio. Nel disco la psichedelia viene messa al centro, in un viaggio tra mille influenze e suoni diversi, seppur ben amalgamati, che creano un sound di sicuro effetto, in bilico perfetto tra presente, passato e futuro musicale.
Coprodotto dalla band insieme a Bruno Germano e al team della Rocket Recordings (che ha prodotto i Goat), l’album vede affiancarsi al gruppo di sempre composto da Nicola Caleffi, Luca Giovanardi, Andrea Rovacchi, Andrea Scarfone e Ulisse Tramalloni, Laura Agnusdei ai sassofoni e, per la prima volta in sette anni, il ritorno del membro fondatore Laura Storchi.
Il pezzo di apertura, “Zukunft”, che supera gli 11 minuti, dice molto dell’album: si tratta di una sorta di viaggio nel vuoto, di attesa creata dalla ripetizione continua di suoni, cui si aggiungono, come in un puzzle, nuovi strumenti, capaci di creare deflagrazioni elettroniche e preludi jazz che riescono ad ipnotizzare l’ascoltatore. Una novità vincente è il sassofono di Agnusdei che fornisce al suono un nuovo piglio, un grande passo in avanti per una band già matura musicalmente.
The “Fire Sermon” è un brano angosciante, che attenaglia come una stretta alla gola grazie all’utilizzo di una voce che sembra provenire dalle tenebre e racconta qualcosa che lascia poco spazio alla speranza. Quella la ritroviamo in “Orpheus Rising” pezzo dal ritmo più calmo e soave. Le tracce sono legate l’una all’altra creando un unico percorso mentale che va dalla prima all’ultima nota, senza tregua né riposo, così che, chi ascolta, non può che essere trasportato da quest’unica onda musicale. Il disco procede così tra esplosione e implosione, tra fuga e ritorno, tra angoscia e tregua fino alle ultime tracce: “Gathering Light”, il primo singolo estratto dall’album è un brano di pura trance psichedelica, “Koan”, l’ultimo pezzo, ci riporta alle origini con la voce di Laura Storchi che aveva dato inizio al progetto dei Julie’s Harcuit.
Gli insegnamenti musicali che il gruppo ha saputo cogliere dalla scena Krautrock o da quella Shoeaze per un certo tipo di suono delle chitarre, dai gruppi prog anni ’70, alla world music per finire alla new wave anni ’80 sono tutti condensati in questo lavoro, per cui ci si potrebbe divertire a trovare affinità con questo o quell’altro gruppo: dagli Spaceman 3 passando per i Doors, i Pink floyd barrettiani, i Faust, i Goat.
Ciò che importa dire è solo che il ritorno dei Julie’s Harcuit, che di italiano hanno solo i natali, fa bene alla musica e che il loro ultimo album non conosce confini né mentali né geografici.