Diario di uno Straniero – Giorno 2 Arrivo a Londra

Una delle band più interessanti del panorama italiano e la loro prima campagna Inglese.
Pensieri, speranze, chilometri di strade e tanta, tanta musica.
Giovanni Facelli, cantante de Lo straniero, scrive in esclusiva per noi il diario di viaggio del mini tour inglese che vede impegnata in questi giorni la band piemontese sui palchi di Londra.

Lo Straniero mini tour UK

Giorno 2 Arrivo a Londra

Giovedì mattina ripartiamo alle 8 da Cambrai. Benzina e colazione in un’area di servizio. Un quarantenne con fuoristrada ci chiede di fare ponte perché il suo mezzo non parte. Ad aiutarlo un camionista munito di sandwich che non teme le scintille delle pinze. L’auto si accende e l’uomo ci lascia 10 euro per il supporto.

Arrivati al porto di Calais riusciamo ad acquistare un biglietto a prezzo scontato e ad imbarcarci dopo un’ora. I controlli sono severi: soldati con i mitra, cani e lenti d’ingrandimento. I doganieri francesi aprono il bagagliaio e vedendo gli strumenti ci lasciano subito passare.

Alla dogana inglese, invece, vengo richiamato dal personale perché la mia carta d’identità è leggermente usurata. L’uomo dice che per entrare nel Regno Unito i documenti devono essere integri. Ci trattengono per 15 minuti, poi finalmente saliamo sul traghetto.

A bordo c’è un pub e la gente beve birra al mattino, autotrasportatori e file di anziani si ingozzano di patate, porridge e pesce fritto. Nessuno fra i passeggeri parla ad alta voce.

Sbarchiamo a Dover dopo un’ora e mezza. Luca e Fra scelgono Ocean Rain degli Echo and the Bunnymen come colonna sonora per questo tratto. Mi addormento. Luca guida per tutto questo tratto. In due ore siamo nell’appartamento che abbiamo affittato vicino al Victoria Park nell’East Finchley.
Jonathan non è il proprietario di casa, ci introduce solamente e se ne va. L’appartamento è grande.

Nuvole litigano sulla città. Arriviamo al Nambucca. Già da fuori tutto ci convince: conosciamo Zachary, proprietario e direttore artistico. Il fonico Julian è tarchiato, fascio di nervi che non va per il sottile. Suoneremo per ultimi: le nostre facce sono sul vetro tappezzato di locandine.

Qui si suona sei giorni su sette, il locale è grande e il palco può ricordare quello dello spazio211 di Torino. In fondo alla sala c’è il bancone, ancora oltre sedie, tavoli e un biliardo. Dice che in 5 minuti dobbiamo scaricare ed essere sul palco, niente birre, sigarette o il tempo di rilassarsi. Luca in pochissimo tempo ha già montato la sua astronave. Il suono è subito splendido. Professionalità, attenzione e gentilezza: sembrano le parole chiave di uno spot, ma qui è la realtà. Proviamo due brani, il sequencer viene amplificato come vorremmo che succedesse sempre.

Ceniamo in un ristorante indiano. Ci servono a turno padre e figlio che fra un piatto e l’altro gioca malinconicamente con un raggio laser. È un quartiere popolare, di strade che offrono poco, mi dicono che qui c’è la comunità nigeriana più numerosa della città. Arriviamo al Nambucca che il primo gruppo ha già suonato.

Il secondo sono i Wyns: se la cavano alla grande. Un amico ci conduce nella green room, un sotterraneo di viottoli e stanze dove ci prepariamo per il live. È un giovedì, ci sono una cinquantina di persone e l’atmosfera è da weekend: la musica suona ad alto volume, definita. Nella pausa passano gli Stone Roses e con Fede ci esaltiamo non poco prima di salire.

Il live parte con qualche problema di ascolto sul palco, ma il pubblico reagisce così bene che tiriamo dritti. Dopo tre brani si gira molto meglio e c’è più pacca: delle ragazze ballano, la metà del pubblico è di italiani. La scaletta è incisiva perché suoniamo solo i singoli e i pezzi veloci. Su L’ultima primavera il pubblico tiene il tempo con le mani, poi Luca e Vale lanciano “Il Veliero” di Battisti e siamo già alla fine.

Parte subito il dj-set. Da adesso è tutto velocissimo. Ci fermano per complimentarsi e il fonico dice “cool sound”, gli regaliamo un disco. La serata sta per finire: la gente si gode quello che ormai è un sottofondo.

I tavoli sono pieni di free press di musica e arte usciti negli ultimi mesi. Il locale alle undici e mezza è ormai vuoto. Leggiamo, ci rilassiamo, carichiamo l’auto senza correre ormai pronti per rientrare nella nostra dimora provvisoria.

Leggi anche: Diario di uno Straniero – La partenza

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