Una delle band più interessanti del panorama italiano e la loro prima campagna Inglese.
Pensieri, speranze, chilometri di strade e tanta, tanta musica.
Giovanni Facelli, cantante de Lo straniero, scrive in esclusiva per noi il diario di viaggio del mini tour inglese che vede impegnata in questi giorni la band piemontese sui palchi di Londra.
Lo Straniero mini tour UK
Giorno 3 Da Tottenham Hale a Camden
Oggi saremo ospiti di London One Radio, emittente che si trova a Tottenham Hale. Riposiamo fino a tardi. Appena svegli siamo tutti intontiti, parliamo del concerto della sera prima e lentamente cerchiamo di rimetterci in carreggiata.
Prepariamo al volo un set ridotto. Suonerò il guitalele che mi ha prestato (o forse ormai regalato) Potto, uno dei nostri più cari amici. Sono legato a questo strumento, rappresenta la sua generosità, la sua presenza costante in questi anni. Quando non viaggia il guitalele riposa su uno scaffale impolverato: nel corso del tempo ha fatto tour con diversi gruppi e suonato centinaia di canzoni per strada, mai su un palco o in una radio.
Nonostante i difetti di fabbrica e tutti i colpi presi, lo conosco bene e so che ha un cuore, per questo è affidabile. Fede ovviamente canterà, Luca ha una diamonica di marca, Vale ritmica con le mani e Francesco si è preparato un mini ampli rosa a pile per amplificare la chitarra elettrica.
Perdiamo altro tempo. Usciamo ed è già tardi. Non possiamo prendere la macchina perché non siamo in vena di guidare e a quest’ora c’è molto traffico. Cambieremo due metro per arrivare fino agli studios della radio. Mangiamo un panino al volo e arriviamo a Tottenham Hale. L’indirizzo dell’emittente non basta e non abbiamo un contatto telefonico: dopo aver camminato avanti e indietro per Ashley Road finalmente un passante ci indica un grande edificio di mattoni rossi dove hanno sede diversi networks.
Arriviamo alle tre spaccate. Ci accolgono quattro giovani redattori. Pochi minuti e siamo in diretta. London One Radio è l’emittente radiofonica italiana a Londra, intervistano i connazionali che passano da qui. Morricone, Zucchero fino a Alberto Angela, qualche giorno fa gli Afterhours (che stasera suonano all’O2 Academy Islington) e anche nomi decisamente meno noti come noi.
Un ragazzo toscano e una ragazza con l’accento del sud si alternano alla conduzione. L’intervista è ben poco formale, diventa subito una piacevole chiacchierata.. di un’ora e mezza! Parliamo di musica ma anche delle nostre esperienze personali. Lanciano un pezzo suonato, L’ultima primavera in veste minimal viene benissimo: finiamo e lui esclama L’ultima primavera in veste minimal viene benissimo: finiamo e lui esclama “bellissimo, non ho parole, questo ci rende orgogliosi!”. In effetti sembra esserci magia, anche “Sotto le palme di Algeri”, più rappata e meno liquida ci gasa parecchio. Dopo altre domande e racconti senza filtri ci congediamo con un sincero arrivederci.
Tornando indietro ci fermiamo alla stazione di King’s Cross. Non siamo sazi, decidiamo di suonare ancora per strada. Dopo un po’ Fede individua una nostra coetanea al cellulare e le chiediamo di registrarci. Appena terminato le regaliamo un disco e lei sorridente ci dice che lavora per Universal Publishing, sta partendo per Leeds. La salutiamo e prendiamo a pazzeggiare davanti e dentro la stazione con finte cadute, movimenti assurdi e battute che fanno ridere solo noi.
Ci avviciniamo a Finchley per una cena a base di pesce. Il cameriere è la persona più affabile incontrata in questi giorni. Paghiamo poco e il pasto è ottimo, pure l’espresso è accettabile. Quando rientro è buio, in fondo alla strada non c’è anima viva e la struttura della chiesa metodista accanto casa mi pare più imponente rispetto al pomeriggio. Gli altri passano al market, Luca improvvisa un duetto alla diamonica con un homeless.
Ci prepariamo in un’ora. Usciamo e la nottata a Camden è tanto ovvia quanto divertente. Subito rimbalzati da un locale perché prima beviamo nei pressi dell’entrata e questo per loro non va bene perché significa che dentro non consumeremo. Decidiamo il da farsi sotto il ritratto di Santa Amy. È risaputo che Amy Winehouse amava questa zona e spesso suonava qui ad inizio carriera: nel primo periodo avevamo dilatato Back to Black perché Fede la interpretava benissimo. Con amici che abbiamo incontrato nel frattempo decidiamo di spostarci. Il secondo club ci accoglie con Our House dei Madness. Diventa più facile e cantiamo a squarciagola, teniamo il tempo a colpi di mani sul bancone. C’è chiasso, le ragazze ci sorridono, mentre le due ragazze del gruppo seguono un’amica russa conosciuta grazie ad un italiano. Finalmente possiamo rilassarci davvero. Con Francesco contiamo gli emuli di Rod Stewart/Paul Weller: a fine serata saranno circa una trentina. Che fatica per i più ricci e mossi tirar giù i capelli per crear basettoni lunghi e lisci! Il nostro look più ibrido, mediterraneo fa successo: chissà mai! All’Elephant Bar l’atmosfera è perfetta per l’ora, poco sobria e molto amichevole.
La playlist è trasversale e transgenerazionale come il locale, adatta ai gusti di tutti, ma senza commercialate o successi del momento. Prima di ritornare a Finchley Central con la metro della notte invasa da giovani e diversi casi clinici, rimaniamo fino alla chiusura che prevede riti tradizionali: campana e ultimo giro annunciato al microfono, pezzo degli Oasis da cantare tutti insieme e poi brano folk popolare per l’out. Tutto così prevedibile, così bello.
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di +o- POP