Dooe è stato, per noi di Piùomenopop uno degli album più sorprendenti del 2017, un disco a cui ci siamo avvicinati con la curiosità di vedere cosa potesse venir fuori dall’alchimia nata dall’incontro di tre ragazzi con l’esperienza di un talent show alle spalle con due dei musicisti che più stimiamo da queste parti il tutto sotto l’egida di una etichetta, la Marvis Lbl, di cui adoriamo l’approccio artistico e la vena sperimentale.
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Pietro Porretto, voce e anima della band trentina, e questo è quello che ne è venuto fuori
Parliamone subito e non parliamone più: cosa lascia la partecipazione ad X-Factor a una band le cui potenzialità, e il vostro disco lo dimostra totalmente, vanno ben oltre quello che il più famoso talent televisivo ha lasciato intravedere?
X-Factor è stata una bella esperienza televisiva, tutto qui.
Abbiamo avuto un’attitudine al programma molto giocosa, con la consapevolezza di imparare il più possibile dalle esperienze che stavamo vivendo. Inoltre ci ha dato la possibilità di conoscere un sacco di persone che condividono la nostra stessa passione. È stato molto stimolante.
Dooe è un disco compiuto e maturo, dimostra che si può sfornare un lavoro emozionante senza per questo rinunciare alla cura dei dettagli. Quanto è stato importante aver collaborato con Fabio Cinti e Lele Battista per il raggiungimento di questo risultato?
Lavorare con Fabio e Lele è stata un’esperienza sia musicale che umana molto bella. Con Lele ho avuto modo di lavorare già prima, assieme a Morgan nel 2014. È una di quelle persone che tutti vorrebbero durante la registrazione di un disco. Ricco di stimoli musicali e tanta voglia di sperimentare. Fabio è stata la prima persona che ha creduto nella realizzazione del disco e ho scelto di lavorare con lui agli arrangiamenti proprio perché abbiamo molti riferimenti musicali in comune. Sicuramente una squadra quella della produzione artistica niente male.
Dooe sembra un disco, a suo modo, semplice, certamente essenziale, senza inutili orpelli. E, dalla coesione del risultato finale, sembra anche un disco molto “condiviso” tra di voi. Come sono nate le canzoni che lo compongono?
Ho la fortuna di vivere in un bellissimo posto, quindi spesso mi siedo all’aperto con la chitarra sulle gambe e suono. Credo che questo abbia fortemente influenzato il mio modo di vedere il mondo che si riflette inevitabilmente sulla musica, e quando scrivo una canzone dipingo paesaggi nella mia mente. Questa visione naturale della musica fa sì che non ci sia la paura di lasciare silenzi nelle canzoni, il voler riempire a tutti costi una battuta vuota. Come il voler urlare a tutti i costi in mezzo ad un prato sconfinato Nell’estate del 2015 ho scritto molte canzoni. Era un periodo in cui leggevo libri di fisica, mi sono interessato allo spazio e inevitabilmente alla visione romantica e malinconica della vita. Alcuni dei pezzi li ho in seguito arrangiati assieme a Tommaso Straffelini, cofondatore del gruppo, altri sono stati arrangiati in studio con i produttori artistici.
Il vostro disco è stato finanziato tramite Musicraiser. Quanto pensate sia diventato importante il sostegno del crowfunding per la realizzazione di un disco, in un momento storico in cui sembra quasi che investire in nuovi progetti musicali sia una cosa da pazzi?
Proprio perché ora investire su nuovi progetti musicali è difficile, il crowfunding aiuta l’artista tramite l’acquisto del disco ad esempio, un investimento di una decina d’euro, e nel caso non venga raggiunto l’obiettivo, viene tutto rimborsato al 100%. Non ci dev’essere più il manager che investe diecimila euro e rischia, ma si conta sulla collettività. Ognuno mette una piccola somma e così facendo permetti al musicista di gestirsi in autonomia ricevendo in cambio un prodotto, spesso in esclusiva. All’estero è molto usato questo metodo, perché le persone hanno fiducia. Alcune campagne raggiungono traguardi davvero ambiziosi.
Viviamo una stagione musicale in cui sembra essersi destato l’interesse del mainstream verso artisti che provengono dalla scena indipendente. Tuttavia mi sembra che l’attenzione sia rivolta più verso i cantanti come personaggi, icone di un “alternativo-poco-alternativo”, che verso i loro lavori.
Il vostro approccio mi sembra anni luce lontano da questo, con una scelta elegante e minimale per la vostra immagine e per l’artwork del vostro disco. Mi sbaglio?
Sicuramente il nostro è un lavoro fatto più fine a se stesso che una ricerca del successo. Faccio musica per uno stimolo intellettuale e creativo e non economico. La scelta stilistica del suono, la copertina e tutto il resto l’ho ideato perché sia “bello” secondo il mio ideale di opera artistica in quel contesto. È una raccolta integra nella sua complessità. Mi interessava di più fare qualcosa per me stesso, che fosse sincero. Per quanto riguarda l’artwork del disco, la scelta di non voler apparire in copertina è voluta. Utilizzare un’immagine che richiamasse un posto che ho immaginato per una delle canzoni del disco più significative mi sembrava più appropriato.
Quando e dove sarà possibile ascoltarvi dal vivo?
Da questa estate cominceremo a portare il nostro disco live . Ora siamo alla fase tecnica, stiamo organizzando tutto e suonando tanto per raffinare l’intesa tra i musicisti ed arrangiare i brani del disco per le varie situazioni dal vivo. In ogni caso comunichiamo sempre tutto tramite la nostra pagina Facebook e Instagram.