di Fabio Izzo
Siamo cresciuti in un’epoca che aveva tutt’altro di geniale.
Dalle frequenze di Mtv ci venivano sparati in faccia decibel importanti tanto impotenti nel cambiare il mondo.
Provinciali incazzati che di eroico volevano avere nulla sbatterono in faccia a tutti la verità: siamo nulla, confezionati di plastica, pronti a venderci e a comprarci.
Un’epoca che ha smaliziato generazioni e che ora sorprende, per quanto ingenuamente, ci affanniamo a rimpiangerla.
E la rimpiangiamo anche oggi quell’epoca, appena apprendiamo la notizia della scomparsa di Chris Cornell, morto a Detroit a 52 anni.
Riaffiorano così nella mente i vecchi video dei Soundgarden e degli Audioslave, immagini che erano già volutamente sfocate all’epoca e che ora, sono irraggiungibili.
Senza Google e You Tube ricorderò due fotogrammi appena, teste che si gonfiano occhi che si allargano, un po’ come me ora, da stamattina, mentre galleggio nella mia impalpabile quotidianità oscurata da un buco nero nel cielo che si chiama sole..
Navigo tra le pagine del web, qualche nota sparsa, tutti si affrettano a comunicare qualcosa che è già noto, due note biografiche e poco più, non importa chi, ma la notizia, in fondo Chris Cornell lo ricordavano in pochi prima di stamattina.
Lasciate perdere me che vivo nel passato, questo presente è cannibale, ci mangia tutti, anche i ricordi.
Io, ovviamente, di persona non lo conoscevo e in gradi di separazione non so a quante strette di mano sia stato da lui, tante troppe, eppure la storia di Chris è simile a quella di Kurt, il Grunge, nasce dal divorzio dei genitori, dalla frattura insanabile che accompagna i figli che poi si trovano davanti a poche scelte: ribelli, egoisti e ribelli ed egoisti.
Cornell adotta il cognome della madre e trova nella musica una salvezza, forse temporanea o forse definitiva. Arriva il successo, sono gli anni d’oro di Seattle, città che spodesta Londra e New York nella storia della musica grazie solo alla forza della disperazione, all’urlo dei suoi figli rinnegati, il grunge.
Cornell ha una voce potente e straordinaria, ma sopravvive a Cobain, almeno fino ad oggi, adombrato nel Nirvana del successo. Per ironia della sorte, Superunknown, nome omen è oggi considerato come il canto del cigno definitivo della scena grunge.
Ciao Chris, questa è la parola più sincera che ti posso dire, recuperata dalla mia adolescenza, quando mi bastavano una t-shirt, una lattina di Coca Cola e ile tue canzoni per sentimi uno sconosciuto al centro del mondo, di quel mondo, di quel mondo provinciale che ha almeno avuto il coraggio e la fortuna di urlare che sì, stavamo crescendo
In my shoes
A walking sleep
And my youth
I pray to keep
Heaven send
Hell away
No one sings
Like you anymore
di +o- POP