Ciao Chris: muore un pezzo della mia adolescenza

di Maria Giorgia Vitale

Muore Chris Cornell e con lui un pezzo di adolescenza
Apparentemente non gli mancava nulla: fama, amore, fascino.
Eppure il frontman dei Soundgarden era depresso.
Una morte inaspettata. Ieri mi sono svegliata con questa brutta notizia. Chris Cornell è morto.
Chris Cornell, frontman dei Soundgarden che mi ha fatto sospirare decine di volte durante l’adolescenza. È morto a Detroit. Aveva 52 anni. Era in tour.

Lascia tre figli. Lillian Jean Cornell, avuta dalla prima moglie Susan Silver. Toni e Christopher Nicholas avuti dalla seconda moglie Vicky Karayiannis.
La musica lo aveva salvato da un’adolescenza turbolenta, segnata dalla depressione causata dalla separazione dei genitori.

Su Youtube si trovano diversi video amatoriali del suo ultimo concerto. Ho trovato questo con uno dei brani forse più celebri, Black Hole Sun.

Nato il 20 luglio 1964 a Seattle, Chris Cornell ha fondato i Soundgarden nel 1984. Nel 1990 è stata la prima band grunge a firmare un contratto discografico con una major. Hanno suonato per oltre 10 anni. Gli anni ’90 sono stati influenzati dal loro sound e dai loro testi.
Dopo i Nirvana e i Pearl Jam, nel grunge si annoverano i Soundgarden e con loro quell’incredibile e inconfondibile voce di Chris Cornell. Un trittico che negli anni ’90 ha influenzato la maggior parte della mia generazione.
Ricordo un continuo scambio di cd e discussioni animate sui videoclip che passavano su MTV. E poi ascoltavo i più fortunati, i ragazzi più grandi che raccontavano di essere andati ai loro concerti.
Ricordo gli anni in cui tra i banchi e nel cortile di scuola un ragazzo, nel tentativo di approcciarsi, mi fece conoscere Chris Cornell. Quella voce e quella bellezza disarmante. Pomeriggi interi a guardare i videoclip e tradurre i testi delle canzoni e a struggermi per lui. E ora, si è tolto la vita. Come gli altri artisti di quella dannata “Generazione X”. Andrew Wood dei Malfunks è morto per overdose di eroina nel 1990. Kurt Cobain si è suicidato nel 1994. Nel 2002 è morto anche Layne Staley, leader degli Alice in Chains fino al 2015 distrutto da alcol e stupefacenti Scott Weiland, frontman degli Stone Temple Pilots.
L’eccezione era per Eddie Vedder dei Pearl Jam e Chris Cornell. Almeno fino alla notizia della morte di quest’ultimo.
Non voglio fare retorica e né cercare di trovare soluzioni. La depressione è una malattia. Puoi essere famoso, bello e avere una famiglia. Ma dentro hai un vuoto a cui non trovi una toppa, un coperchio. Insomma una copertura.
Io, insieme alla generazione di scambi di cd e sintonizzati su MTV, abbiamo assaporato – chi più chi meno – quella sensazione. Quel vuoto. E il grunge è stata la nostra colonna sonora.
Però è curioso come in realtà proprio Chris Cornell non manifestasse quel disagio. Come mi ha suggerito un mio amico, c’è un brano dei Soundgarden, The Day I Tried To Live. Il testo potrebbe essere frainteso. Equivoco sorto appena uscì il brano. Il testo sembra parli di suicidio. Ma il cantante si difese. Non parla di togliersi la vita, ma afferrarla e buttarsi a capofitto. Lo stesso disse che bisogna aprirsi alla vita e sperimentare tutto ciò che succede intorno.

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