È solo un po’ di me che se ne va: 30 anni di Afterhours

A cura di Antonio Bastanza

AFTERHOURS

“Foto di pura gioia”

(Universal – Cd, Digital)

Trent’anni di carriera sono un obiettivo che ben poche band riescono a raggiungere, un traguardo che rappresenta una continuità artistica ad alti livelli che in un panorama frastagliato come quello della musica contemporanea è difficile da mantenere.
Gli Afterhours sono diventati, nel corso di questi 30 anni, i capofila di una scena che ha le sue radici nei tanto vituperati anni ’80, che ha dato il meglio negli anni ’90 e i cui reduci, nel nuovo millenio, hanno trovato la consacrazione a livello artistico e commerciale pur restando sostanzialmente ai margini del mainstream.
Foto di pura gioia, che prende il titolo dall’incipit di Quello che non c’è, la canzone della band milanese probabilmente più amata, parte in questo viaggio lungo quattro CD dal singolo di esordio, My Bit Boy e dal successivo All the good Children go to hell,  in cui echi di Television e Velvet Underground influenzano pesantemente il suono del gruppo, in cui un ventiduenne Manuel Agnelli dimostra già una presenza vocale ben più matura rispetto alla sua età.
Gli anni tra la fine degli ’80 e l’inizio degli anni ’90 sono stati quelli in cui la band milanese canta ancora in inglese, anni in cui inizia a formare una propria via personale al rock, con testi taglienti e suoni che si allontanano via via da quelli derivativi degli esordi.

 

© Maurizio Lucchini

 

During Christine’s Sleep e Pop Kills Your Soul hanno al loro interno i semi degli Afterhours che verranno, avvicinandosi a un pubblico sempre più numeroso: in questi dischi troviamo le versioni anglofone di brani che diventeranno grandi classici della storia della band milanese, da Dentro Marylin (Inside Marylin three times) a Ossigeno (Oxygen) passando per Pop (Pop kills your soul).
La svolta per gli Afterhours arriva con Germi, il passaggio dall’inglese all’italiano e l’utilizzo della tecnica del Cut-up per la scrittura dei testi, anticipato dalla cover di Rino Gaetano, Mio fratello è figlio unico, registrata per una compilation di brani del cantautore calabrese. Germi è un’esplosione di suoni ficcanti, chitarre potenti e affilate come lame, testi surreali e incisivi, melodie avvolgenti: una vera epifania per il rock italiano in un periodo di fervore creativo finora ineguagliato.
La seconda parte degli anni ’90 è quella della consacrazione, di “Hai paura del buio?” pubblicato per Mescal dopo mille peripezie e una marea di rifiuti e che rappresenta, forse, il loro apice creativo, e di “Non è per sempre“, in cui i nodi di una convivenza difficile tra le due anime forti della band, quelle di Agnelli e Iriondo, vengono al pettine. Forte anche di un ammorbidimento dei suoni, l’album vede il consolidarsi del gradimento del pubblico nei confronti della band, grazie ad alcune tra le canzoni più amate come la title track e quella Bianca che, in una versione speciale cantata con Carmen Consoli, è il singolo trainante di questa raccolta.

 

© Maurizio Lucchini

 

In tutti questi anni gli Afterhours hanno messo un punto sulla loro storia solamente un’altra volta, con il doppio cd live Siam Tre Piccoli Porcellin, pubblicato nel 2001 all’indomani della fuoriuscita dal gruppo di Xabier Iriondo e che sembrava segnare la fine di un percorso fatto di canzoni dall’energia strabordante che si alternavano a ballate lancinanti, condite da testi folli e illuminati. Ai tempi le cose andarono diversamente: il disco successivo, Quello che non c’è, è stato probabilmente il loro album più compiuto, quello artisticamente più valido anche se forse più canonico dei precedenti, che vivevano in ambiti in cui la loro miscela di rock e melodia si muoveva in territori musicali più ambigui.
Il resto è il nuovo millennio, le Ballate per Piccole Iene che hanno visto una band rivitalizzata rilanciarsi con nuovo impeto, l’ambizioso, forse troppo, I milanesi ammazzano il sabato, l’esperienza Sanremese de Il Paese è reale, il maestoso affresco, per suoni e idee, di Padania, che vede il rientro di Iriondo in pianta stabile, e l’oscuro viaggio nel dolore di Folfiri o Folfox, arrivato al culmine di un periodo difficile tanto per la band, che perde due dei componenti storici, il chitarrista Ciccarelli e il batterista Prette, quanto per il frontman Manuel Agnelli.
Ognuna di queste tappe è indispensabile per conoscere il percorso di un gruppo che nel rinnovarsi ha sempre trovato gli stimoli per nuove avventure musicali, ed è per questo che Foto di pura gioia rappresenta un’occasione irrinunciabile, in particolare per i fan dell’ultima ora, quelli che magari hanno conosciuto la band solo dopo le esibizioni sanremesi o le performances televisive di Agnelli in X-Factor.
Nonostante ciò questa raccolta ha in se tanti motivi di interesse per i fan storici della band milanese, a partire dal 4°CD del cofanetto, quello che contiene inediti e rarità, vesioni rimasterizzate e demo di alcuni tra i loro più grandi successi e un libretto pieno di foto e documenti  sulla storia degli Afterhours.

 

© Francesco Costa

 

Come valutare, quindi, un’operazione come questa? Un semplice modo per offrire al mercato una summa della band o piuttosto il voler mettere un punto su un’ esperienza tanto esaltante quanto difficile?
L’impressione è quella che gli Afterhours e il suo leader in primis siano giunti alla fine di un percorso e debbano scegliere se lanciarsi in nuove avventure, con uno slancio nuovo e rinnovate ambizioni, o accontentarsi di quello che di buono, molto buono, riescono ancora a proporre.

Quello che è certo è che, e mi perdonerà Emanuele Lapiana se cito una sua canzone, “la fine di qualcosa è l’inizio di qualcos’altro“, di qualcosa che, ed è proprio la storia degli Afterhours che ce lo insegna, in ogni caso varrà la pena di aspettare.

 

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