Verrà la morte e avrà questi accordi, lo schiaffo dei Rough Enough

Rough Enough

Molto Poco Zen

(OverDub Recordings)

 

A cura di Serena Coletti

TRACKLIST:
1. Mackie
2. Una lunga serie di scelte sbagliate
3. Finchè morte non ci separi
4. Non è colpa mia
5. Il quarto stato
6. Polvere
7. U.F.O.
8. Kairo
9. Ode ai relitti
10. Noia
11. Esercizio di stile
12. Molto poco zen

 

Metto in play. Ci sono dei rumori di sottofondo, poi un gran respiro, poi parte la chitarra.

Ѐ un incipit quasi perfetto quello di “Molto Poco Zen”, nuovo disco dei Rough Enough uscito il 18/01 per Overdub Recordings. Il duo di Catania, che si sviluppa tra influenze punk, blues e alternative rock, ha confezionato un disco diretto e fiero, che va dritto sulla sua strada e non si piega a cercare soluzioni più dolci.

Firma inconfondibile è infatti il suono distorto di una chitarra veramente in stato di grazia, che non si ferma un istante, accompagnata dalla batteria fortemente ispirata ai ritmi del punk, ma che forse in alcuni punti avrebbe potuto essere più vigorosa, più pestata. La voce sembra venire da lontano, dando un effetto piuttosto alienante al tutto. L’idea è sicuramente interessante e in alcuni brani (“Una lunga serie di scelte sbagliate”, giusto per fare un esempio) funziona alla perfezione, portando un risultato molto omogeneo, ma alle volte questa distanza viene un po’ esasperata e si sente la mancanza di un urlo deciso, tutto scorre via velocissimo e manca qualcosa a cui aggrapparsi.

Il ritmo è estremamente sostenuto durante tutte e 12 le canzoni, e dà a Fabiano Gulisano, che oltre a cantare e suonare la chitarra si occupa della scrittura dei testi, la forza per affrontare di petto i suoi mostri. La scrittura infatti è asciutta e precisa, frasi brevi e dirette si susseguono come frecce. Filone portante è la morte, prima paura, poi augurio, poi ancora via di fuga dalla piatta noia, insomma affrontata in così tanti contesti da diventare un’ossessione. Ma i Rough Enough si prendono un po’ di spazio anche per sputare su una società che si è persa. Se la prendono con le finte illusioni che ci accecano e distraggono, con i giornalisti che perdono il senso del loro lavoro, con le facce allegre e vuote, con il finto indie che sa di pop, e con questa costante spinta all’omologazione.

“Per te è una sindrome, per me un modo d’essere. Almeno uno di noi sa che adeguarsi non è semplice. Non è colpa mia, ma delle tue regole. Le emozioni son difficili, ma tu mi vuoi colpevole.
Distruggi la mia idea di normalità.”

(Non è colpa mia)

Viviamo insomma mascherando le nostre debolezze, fuggendo di fronte alle nostre paure, immersi come siamo in questa ipocrisia che non permette di scendere oltre la superficie delle cose, e tutto questo ai Rough Enough non sta bene. “Molto Poco Zen” è un disco vero, fieramente indipendente, che usa un linguaggio chiaro ma non per questo edulcorato, è uno schiaffo in faccia per svegliarci dal nostro sonno, che si chiude con la title track e una dedica speciale:

“Io sono molto poco zen, ma meglio dei tuoi codici.
Bastardo figlio della merda devi morire male. Per te ho una morte molto dolce: col Nesquik devi soffocare.”

(“Molto Poco Zen”)

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