A cura di Giuseppe Visco
Nel famosissimo saggio di Richard Wagner “Arte e Rivoluzione”, del 1849, il genio tedesco utilizzò il termine Gesamtkunstwerk, ripreso dal filosofo tedesco – nato a Berlino – Trahndorff nel suo Ästhetik oder Lehre von Weltanschauung und Kunst.
Il termine Gesamtkunstwerk significa letteralmente opera d’arte totale in quanto una parola composta da Werk cioè opera, Kunst quindi arte e gesamt cioè totale/globale. E se vi starete chiedendo questo pippone/lezione di lingua tedesca senza capire il perché ve lo spiego proprio ora: Eins, Zwei Like. Vi ricorda qualcosa? Sì, proprio quello: la collaborazione Vinicio Capossela – Young Signorino.
Da campano, o meglio, da irpino, sono stato il primo ad essere scettico e restare un po’ stranito quando, controllando gli artisti dello Sponz 2019 ho visto Young Signorino. Mi sembrava tutto così fuori luogo, senza senso e preso dalla voglia di cavalcare l’onda ospitando un personaggio molto discusso, portando musica in netta contrapposizione a quella presentata allo Sponz.
Con tutta onestà quando ho sentito della collaborazione tra i due artisti per una canzone ero spiazzato, non sapendo cosa aspettarmi, in tutta sincerità: ho temuto che Capossela – uno dei miei artisti preferiti in assoluto, non solo da punto di vista musicale – fosse caduto in una fase dove avrebbe cambiato la sua musica per adattarsi. Beh, c’è una spiegazione se Capossela è uno degli artisti più apprezzati a livello mondiale, da oltre 20 anni e io che di anni ne ho pochi più di 20. Il risultato della collaborazione è stata una canzone, un’opera totale, in cui Vinicio ha combinato la componente tecnologica del mondo moderno all’atmosfera ancestrale di sottofondo, in cui un testo che parla del ventunesimo secolo sembra l’accompagnamento a qualche rituale pagano. E a stupirmi ancora di più “l’interpretazione” di Young Signorino, funzionale al progetto musicale messo in scena dall’artista nato ad Hannover. La fusione di due concetti musicale totalmente differenti, della combinazione fra quella che Capossela ha definito “peste, contaminazione” che ha distrutto ogni concetto di classicismo e tradizione, proprio unito alle tradizioni che Vinicio tenta di riportare in auge.
Perdonami Vinicio se ho dubitato di te.
Se mi chiedessero di indicare un artista in grado di mettere in scena il Gesamtkunstwerk indicherei senza dubbio te. Dovremmo davvero andare all’estero e dire di essere della stessa nazione di Vinicio Capossela, o, nel mio caso, della stessa regione – e meglio ancora della stessa area – ed essere orgogliosi di essere compatrioti di un artista geniale e folle, che ha sfidato l’opinione pubblica, mettendosi alla gogna mediatica per una scelta, smentendo tutti con un risultato che lascia tutti senza parole.
Su la Repubblica Capossela ha spiegato così:
“La peste dell’odio in Rete, della delazione, della diffamazione, del linciaggio, dello squadrismo, dell’oscenità esibita, del circo massimo del like o dislike, del mascheramento, della fake news, delle virulenze epidemiche, ha per me in musica il suono dell’autotune, della trap dei nativi digitali. Volevo contaminare con questo suono il tema e lo svolgimento e così ho cercato l’artista che più stimo nella globosfera della rete contemporanea, il giovin signore Young Signorino. Gli ho consegnato il pezzo così che lo contagiasse aggiungendoci altra peste, la sua, a generare bacilli e anticorpi. ‘La cura non è l’aspirina, crea il tuo clima, resta in cima che la peste si arrampica’ ha cantato e ‘pestami ma non muoio’. Il suono è di FiloQ e riprende la tribalità medieval-orientale della zurla e dei flauti della versione originale. E poi c’è lui. Signorino è di una purezza disarmante. Un purissimo figlio di Satana, come candidamente afferma. Anzi è Candide lui stesso. È l’ultimo dei dadaisti. È primitivista, semplifica e semplificando offre forza alle parole. I segni della vita e le credenze se li è scritti in faccia, per rivelare più che per nascondere. Abbiamo messo una musica in una bottiglia e ci è tornata indietro così. Più peste. Buone peste. Fategli un cazzo di urlo”.
di +o- POP